Solitudine.
Possiamo definirla come la condizione in cui un individuo si isola dagli altri per scelta, per vicende personali, per imprevisti di vita, perché isolato dagli altri. Nella lingua inglese si esprime con due differenti vocaboli a seconda che si provi piacere o dolore nella condizione di solitudine. Nella lingua italiana ha preso solo la sua accezione negativa: viene riconosciuta come la principale causa di depressione, un dramma esistenziale, stare soli è diventato evidenza di sconfitta, è una condizione spiacevole, che fa paura, che implica che ci manchi qualcosa, un nemico da cui fuggire a ogni costo.
Fermiamoci un attimo. E se provassimo a cambiare il nostro punto di vista?
In un’epoca in cui siamo protesi alla ricerca dei significati delle cose all’esterno provassimo, invece ,a cercare i nostri significati, se provassimo a smettere di evitare di stare soli con noi stessi ma ci dedicassimo del tempo?
In un’epoca in cui tendiamo ad attribuire il nostro benessere e la nostra felicità agli altri, e a quello che ci manca: un marito, una fidanzata, una compagnia di amici, un figlio, degli oggetti… se ribaltassimo il pensiero? Se ci rivolgessimo a quello che abbiamo: NOI in quanto esseri soli e unici?
Partiamo da qui per costruire la nostra felicità.